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Cultura - Venerdì, 01 Luglio 2016 15:35

VOGHERA SEI TU CONSIGLIA - Ho imparato a sognare di Michele Orione

copertina orione tndi Andrea Pestoni

VOGHERA - Se si sogna da soli, è solo un sogno. Se si sogna insieme, è la realtà che comincia. Non so se Nadia Manfredini, la protagonista del libro, conoscesse questo proverbio africano. Fatto sta che la cravatta rossa, di un rosso sgargianate come il portone della palestra, promessa in regalo al ragionier Antonio, o meglio a Tonino il burbero, è l'inizio di un sogno collettivo, che alla fine diventa realtà.

 

 

 

 

Michele Orione è un giovane professionista vogherese con la passione della pallavolo e della scrittura. "Ho imparato a sognare" è il frutto della sua passione, ma è anche una lezione di vita, che finisce nero su bianco tra le pagine di un libro. E così la storia è servita, pronta per essere letta tutta d'un fiato. Michele non da una collocazione territoriale precisa ai protagonisti della sua storia, ma la sensazione che ci si trovi in un piccolo paese, o medio-piccolo, è intuibile già dalle prima pagine. C'è un "palestrone" a metà strada tra la storia e la fatiscenza, come nella miglior tradizione dei paesi (ma il lettore scoprirà che anche le cose possono essere oggetto di sogni). C'è il piccolo imprenditore, Paolo Strevi, che investe per amore e non per denaro. C'è il custode della palestra, all'apparenza freddo e distaccato ma nella realtà capace di grandi emozioni. C'è il farmacista. C'è Lorenzo Perfetti, il giovane imprenditore che vorrebbe imparare a sognare, ma che inizialmente lo fa dimenticandosi della passione, che ritroverà più avanti.
E poi c'è lei, Nadia Manfredini, la protagonista della storia. Una storia ambientata nel mondo del volley, tra allenamenti e sacrificio, reti tirate a dividere un campo e avversari che ringhiano (vero Gili?). Ma anche tra rispetto, impegno, amicizia e la voglia di imparare a sognare.
Sono tanti gli aspetti emozionanti di questa storia. Con una cravatta rossa, attrice non protagonista, che sin dall'inizio ha già imparato a sognare e altro non attende di essere annodata al collo di Tonino.
Personalmente non sono mai stato al Pala Lottomatica di Roma, e forse mai ci andrò. Ma mi sono emozionato quando ho pensato che Nadia Manfredini, prima di entrarci da protagonista, ha diretto il suo ultimo pensiero ad un vecchio "palestrone", con il portone rosso sgargiante, che cigolava, nel silenzio di un piccolo paese. Dove si impara a sognare e dove i sogni, se sognati insieme, diventano realtà.

 

 

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