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Attualità - Venerdì, 03 Gennaio 2014 10:19

EDITORIALE - C'è un'Italia che se ne frega di noi. Eccola...

palazzo marini tnLa vicenda Scarpellini

VOGHERA C’è un Italia che non ci piace. Ma è quella stessa Italia che se ne frega di noi, se ne frega dei cittadini. Può sembrare incredibile, ma è così. E la vicenda degli “Affitti d’oro” è solo uno dei tanti esempi, che ci fa capire perché siamo finiti in questa situazione.

CHI FA LE REGOLE E’ IL PRIMO A NON RISPETTARLE – Cercherò di fare una breve cronistoria della situazione per agevolare il lettore. Tutto inizia alla fine degli anni Novanta, quando la Camera dei Deputati decide di trovare nuovi spazi dove collocare gli uffici degli Onorevoli. Spunta così un immobiliarista, tale Sergio Scarpellini, titolare della Immobilfin insieme al fratello Andrea, proprietario dei Palazzi Marini. Montecitorio decide così di affittare gli spazi dalla Immobilfin, senza una gara ad evidenza pubblica e per 18 anni, per un cifra che solo in relazione agli affitti si aggira attorno ai 444 milioni di euro. Una cifra molto superiore del mutuo stipulato dalla Immobilfin per acquistare i palazzi Marini. In pratica, l’immobiliarista ha acquistato gli immobili con gli introiti garantiti dallo Stato e nescarpelini ha pure avanzati. Questo basterebbe per gridare allo scandalo e anche gli stessi partiti dovrebbero indignarsi, ma c’è un particolare: Scarpellini, nel corso degli anni, ha elargito finanziamenti a pioggia a tutti i partiti del Parlamento.

FACCIAMO LA LEGGE, MA ANCHE NO – Lo scorso mese di Dicembre, nel silenzio generale e probabilmente in uno stato di disattenzione diffusa, quasi nessuno si accorge che la cosiddetta “manovrina” contiene un emendamento presentato dal deputato del Movimento 5 Stelle Riccardo Fraccaro, che consente alle pubbliche amministrazioni di esercitare il recesso dai contratti di locazione stipulati con privati entro il 31 dicembre del 2014 con un preavviso di trenta giorni. Apriti cielo! Bisogna subito correre ai ripari, perché l’affare Immobilfin è in pericolo. Spunta così un emendamento abrogativo della senatrice del Pd, Magda Zanoni che inizialmente viene sconfessata dal neo segretario del partito, Matteo Renzi. Ma è tutta una cosa di facciata. Nel frattempo, però, il Quirinale non promulga il decreto “Salva Roma” (che conteneva il salva Scarpellini) e quindi la palla passa al cosiddetto “decreto Milleproroghe” di inizio anno. Finalmente Montecitorio farà chiarezza e sanerà questa situazione. Figuriamoci! La deroga alla clausola di recesso statale per gli immobili di proprietà dei fondi immobiliari e dei loro azionisti sparisce: ma per loro continua a non essere necessario il nulla osta del Demanio nel caso di rinnovo dei contratti, possibile per gli altri privati solo a patto che non esistano immobili demaniali alternativi disponibili. A posto. Ma il bello deve ancora venire. Due norme, infatti, si contraddicono clamorosamente. La prima, che lo Stato può esercitare il diritto di recesso non più entro il 31 dicembre 2014, ma soltanto entro il 30 giugno di quest’anno: sei mesi di tempo invece di dodici, dunque. La seconda, che è necessario un preavviso di sei mesi anziché di trenta giorni. I due termini coincidono, facendo così saltare i tempi tecnici del recesso. Insomma, la solita sceneggiata all’italiana. Con Scarpellini che addirittura commenta: “Dovrebbero darmi una medaglia”.   

Andrea PESTONI

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